martedì 8 dicembre 2015

Intervista a... Clara Bartoletti

Cari amici del web,
è con noi oggi in questo giorno di festa la scrittrice Clara Bartoletti che ha deciso di raccontarci qualcosa di sé attraverso le mie domande. Vediamo cosa ha risposto!

Domanda: Ciao vuoi presentarti un po' ai lettori del mio blog?
Clara: Ciao, sono Clara Bartoletti e sono una scrittrice di romanzi con tema psicologico e surreale. Sono impiegata in un'azienda, ma oltre alla scrittura il mio hobby è la subacquea, che ritengo uno sport ricco di stimoli ed emozioni. Amo viaggiare solo in posti di mare, elemento che considero indispensabile per l'ispirazione e lo sviluppo di nuove storie.

D: Descriviti con cinque aggettivi, spiegando il perché...
C: Posso dire di essere una persona solare, possiedo un lato comico che sdrammatizza il mio spirito critico. Sono sempre stata ribelle e libera, e cerco di valutare le cose sotto diversi punti di vista. A tratti posso sembrare intollerante, forse perché sopporto poco la stupidità e la chiusura mentale. Cerco di affrontare le cose con umiltà, ma non disdegno di esaltarmi quando ottengo un successo.

D: Come e quando è nata la tua passione per la scrittura?
C: La passione è stata una conseguenza della passione per la lettura. A sette anni leggevo già le fiabe russe in edizione per bambini, e la mia immaginazione si caricava già di idee e storie. Ho iniziato a scrivere a dodici anni, "prendendo di mira" i miei compagni di classe, cucendo loro addosso come abiti, personaggi e vicende avventurose. Da piccoli racconti divertenti, sono passata poi a racconti di sostanza. Solo nel 2011 ho tentato la via del romanzo, operazione che ritenevo impossibile e che, invece, mi ha dato grandi soddisfazioni.

D: Da quanto tempo scrivi e cosa hai pubblicato fino adesso?
C: Ormai sono più di... trentacinque anni che scrivo, sono quasi una cinquantenne. Nel 2010, spinta dai consigli dell'amica Marina, ho pubblicato in autonomia una serie di racconti, dodici per l'esattezza, con il fine di devolvere gli introiti per beneficenza. Questo è stato quasi un test per capire se valesse la pena continuare a produrre storie che fino a quel momento erano rimaste nel cassetto. "Kea e altri racconti", così si chiama il mio primo lavoro, ha ottenuto risultati inaspettati. Così, nel 2011, mi sono cimentata nel romanzo di genere noir "April Rose, la memoria delle rose". Ho provato a inviarlo a qualche Casa editrice, ma visto che nessuno l'ha preso in considerazione, l'ho pubblicato con youcanprint. L'anno dopo ho pubblicato "528", e nel 2015 "Tra le spighe d'amarena", sempre in self publishing.

D: Che generi prediligi scrivere e perché?
C: Il mio genere si può definire fantastico, ma non nel senso di "fantasy". Nelle mie storie non ci sono maghi, fate o vampiri. Le mie storie sono basate su personaggi reali, in carne e ossa, che ad un certo punto della vita si "imbattono" in una situazione strana, pericolosa o semplicemente misteriosa. Nel percorso spesso conoscono anime o muse che intervengono in qualche modo sulla successione dei fatti; c'è poi il lato psicologico dei personaggi, che devono confrontarsi con se stessi e con gli altri, vincendo le insicurezze e le paure. Questa predisposizione al mistero e alla psicologia è sempre stata dentro di me: mi piace sapere o perlomeno tentare di capire cosa scatta nelle persone quando si trovano davanti a un problema che sembra insormontabile.

D: Quando scrivi la tua storia prepari una scaletta o delle schede personaggio o vai a braccio, cioè senza prepararti nulla?
C: Dipende. Le mie storie innanzitutto cominciano nella testa. Ovvero, mi preparo una situazione-tipo: in April Rose un uomo vuole comprare una vecchia casa da ristrutturare, in 528 uno scrittore con il "blocco" decide di rifugiarsi nella vecchia casa paterna per scrivere un nuovo libro, in "Tra le spighe d'amarena" un uomo chiede a un altro di trovare il fratello gemello scomparso trent'anni prima. E' da questo bozzolo che comincio a scrivere, iniziano dei "flash" mentali su come potrebbe andare avanti la storia. Se necessita scrivere le date, come in 528, in cui la storia si dipana per settant'anni, con venticinque personaggi, allora mi faccio uno schema, in modo che date e persone siano coerenti poi con la storia, per non commettere l'errore di dimenticarsi qualcosa che il lettore noterà sicuramente. Sono quindi appunti presi al margine; la tecnica vera e propria per la stesura di un romanzo richiede poi altri accorgimenti: sono cose che si imparano scrivendo e che nessuno ti può insegnare... che si affinano con l'esperienza.

D: Cosa ti entusiasma di più della scrittura: la parte creativa (quindi la stesura del romanzo) o la parte riflessiva (quella quando editi il romanzo e ripensi a certi passaggi)? O entrambe?
C: Sicuramente la parte creativa spara molta adrenalina in corpo. Quando "monta" il momento cruciale di un passaggio, che senti che si scrive quasi da solo, beh... è una grande soddisfazione. Scrivere è un duro lavoro: sì, non è una questione di aspettare il momento creativo, ma è lavorare ogni giorno, con costanza e i risultati non tarderanno. Il lavoro successivo è più freddo, bisogna non aver pietà se una frase non va bene, tagliare e cesellare è meno emozionante ma necessario. 

D: Preferisci soffermarti più sulle descrizioni ambientali e fisiche o sulla caratterizzazione dei personaggi? Quindi, i tuoi romanzi sono più dialogati o più descrittivi?
C: Per me entrambe le cose sono necessarie e vitali per un romanzo. I dialoghi devono essere asciutti, privi di esclamativi e ripetizioni. Il linguaggio deve essere fermo e giocato con astuzia, in modo che il lettore "capisca" il tono senza dover aggiungere i vari "disse con malizia, disse con rabbia etc.". Il descrittivo è necessario perché una parte distensiva de romanzo, mentre il dialogo accelera le situazioni e crea il pathos per entrare nel vivo. Per le descrizioni dei personaggi non occorre entrare nello specifico, il personaggio si racconta da solo mente scrivi. Mi piace quando qualcuno mi dice "ho immaginato quel personaggio così" e corrisponde alla mia immaginazione, senza per questo aver usato forzature. Secondo me va lasciato al lettore un po' di "lasco", che possa immaginare come meglio crede.

D: Cos'è per te, dunque, scrivere?
C: Scrivere è gioco. Scrivere è mettere su carta idee e ricordi, scrivere è soprattutto dare un'emozione a chi legge. Scrivere è mettersi in contatto con il lettore e stimolare la sua testa, per questo non ci rimango male se mi arrivano delle critiche. In fono, il lettore è parte del romanzo, non si scrive mai per se stessi.

D: Cosa non scriveresti mai? Perché?
C: Una domanda a cui non so rispondere. Diciamo che non mi piace lo stile melenso dei romanzi rosa. Nei miei romanzi si parla d'amore certo, ma mai in modo smielato. Poi, mai dire mai!

D: Da lettore/lettrice cosa cerchi principalmente in un romanzo?
C: Emozioni. Una storia deve avere "ritmo" come si dice in gergo, e spingermi a volere divorare la pagina successiva. Quindi il mio sì va a saghe familiari, a intrecci psicologici e anche a finali sospesi o non necessariamente a lieto fine.

D: Cosa consigli a chi si vuole approcciare come te al mondo della scrittura?
C: Consiglio in primis umiltà. Secondo di informarsi bene sull'argomento scelto. Trovo assurdo ambientare storie a New York se non ci si è informati bene sul posto e sulle abitudini, ritmi e caratteristiche di quel mondo; di trovare un'ora del giorno per scrivere, rispettando l'orario ogni giorno fino a completamento della storia. Il consiglio è di avere una buona grammatica e di non commettere errori banali; di impaginare al meglio il proprio romanzo e di farlo leggere ad alcuni amici di fiducia per scovare errori. E' giusto divertirsi, prendere la cosa con serenità, senza aspettarsi niente in cambio. E di leggere. Bisogna leggere tanto, ogni tipo di romanzo, tentando di comprendere i meccanismi tecnici nascosti in una frase o nell'apertura e chiusura di ogni singolo capitolo. Comunque, sarebbe meglio non dare consigli: la strada bisogna trovarla da soli.

D: Credi nei corsi di scrittura creativa o nei manuali di scrittura? Nei premi letterari?
C: Dipende. Ho frequentato un corso di scrittura creativa due anni fa che ha stuzzicato la mia immaginazione su certo aspetti tecnici, come ho letto alcuni manuali che all'inizio non ho compreso. Poi, scrivendo, ho cominciato a comprendere i messaggi dei manuali, a cosa si riferissero veramente. Rileggendoli ho capito dove stavo migliorando, perché, ripeto, scrivere non è solo fonte di ispirazione, ma di duro e costante lavoro su se stessi e sulle parole.
Ho partecipato a un concorso con un racconto tre anni fa e ho vinto il premio della critica. Sto partecipando a un concorso nazionale: non mi aspetto nulla, ma tentare non nuoce. Basta prendere il tutto con molta filosofia.

D: Self o Casa editrice: quali dei due preferisci? Perché?
C: Per quanto ho già scritto prima, le grandi Case editrici mi hanno risposto che i miei romanzi "non corrispondono alla loro linea editoriale" e in proposito mi sono chiesta a cosa si riferissero, visto che pubblicano di tutto, spesso a mio avviso, romanzi senza spina dorsale. Quindi il self mi pare una buona occasione per farmi conoscere. Non ho velleità di diventare una grande scrittrice, in questo mondo editoriale ci vuole anche fortuna (e amicizie), quindi... proseguo per la mia strada fai-da-te.

D: Progetti per il futuro. Qualche anticipazione?
C: Per il momento sto leggendo a proposito della Russia dagli anni 20 a oggi. Sto pensando a un personaggio sovietico che ha combinato qualcosa... ma ancora tutto è sempre nebuloso, e bisogna vedere se avrò la capacità di trasporlo nel mio mondo e nelle mie pagine bianche.

Ti ringrazio per avermi concesso l'intervista, un abbraccio. Clara.

Beh... grazie a te, Clara, che sei stata in nostra (mia e dei lettori del blog) compagnia. Trovo che attraverso le mie domande sono "uscite" delle cose davvero molto interessanti. E spero tanto che i lettori abbiano conosciuto o scoperto te e i tuoi romanzi attraverso questa splendida intervista... Bene! Come sempre non mi resta che dirvi: alla prossima!

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